Mi piace guardare dal finestrino mentre la macchina di mio padre corre veloce. Siamo partiti presto, ancora sembrava notte, ma la mamma ha detto che era mattina. Fino a poco fa il vetro vicino a dove sono seduta era coperto di brina. Ho pensato che mi portassero dove stanno i pinguini. Invece la mamma ha detto che stiamo andando al mare. I campi che taglia l’autostrada sono bianchi, coperti di vetri rotti che luccicano nella prima luce dell’alba. Se ci camminassi sopra, li sentirei scricchiolare come patatine sotto i denti, o come la Chupa, quando la caramella è poco più di un nocciolo di ciliegia e la finisci mollandogli un morso. Mi piace guardare dal finestrino. Mentre sto lì, seduta e tranquilla, il resto del mondo sembra scappare di fretta. Case lontane, pecore e tralicci della luce che si rimpiccioliscono rapidi là in fondo. Anche se giro di scatto la testa, per guardarmi alle spalle, li vedo già lontani, sempre più lontani, come se un vento li risucchiasse fino a farli sparire nel cielo. Quando la macchina di mio padre rallenta la corsa, siamo vicini al mare. Ho i piedi congelati e le mani non stanno meglio dentro ai guanti. Mi piace guardare dal finestrino anche adesso che non si corre più. C’è un bosco lungo la strada. La mamma dice che è una pineta, ma a me sembra lo stesso un bosco. Arrivati sulla strada davanti al mare, invece, guardare dal finestrino non mi piace più. Il mare d’inverno è solo un film che ha perso i colori. Gli stabilimenti balneari sembrano reperti di un’altra civiltà. La mamma dice in estate torneranno nuovi, ma io continuo a pensare che a settembre li studieremo scuola.

Noi non veniamo mai al mare in estate. Il mare azzurro l’ho visto solo sulle cartoline che ci arrivano a casa. Colpa della mia bisnonna, che era una sirena scappata in città. Io le somiglio e non posso stare su una spiaggia senza che sulla pelle delle gambe mi spuntino le squame. Solo in inverno, qua sul mare, non succede. Il dottore dice che da grande le squame spariranno e vedrò il mare come se avessimo appena comprato una tv a colori. Certe volte sono contenta di essere una sirena e vorrei anche buttarmi tra le onde per vedere se dai piedi mi spunta la coda completa, con le pinne al posto dei piedi, ma in inverno nessuno si tuffa in mare. La mamma dice che l’acqua è troppo fredda. Però posso toccare la sabbia, prendo quella asciutta sopra le dune, mi piace farla scorrere nei pugni, spesso si alza il vento e scorre più veloce, come il tempo dentro una clessidra. Non mi importa di stare sul mare in inverno, vorrei tornare a casa prima possibile perché nell’appartamento sotto al mio c’è Martina che mi aspetta. Sotto casa, nel cortile delle auto, c’è un vecchio taxi e Martina sa guidarlo senza metterlo in moto perché non ha benzina e non si muove più. Mi piace guardare dal finestrino mentre Martina guida. Credo che da grandi gireremo il mondo con lo zaino sulle spalle e in mano la mappa di nuove città. Io e Martina giochiamo sempre insieme. Mentre al mare, a fine dicembre, Martina non c’è. Lei parte in estate, ma per i viaggi lunghi guida suo padre. Qua, in inverno, non viene mai nessuno a stare con noi, neppure per un giorno. Questo lo sanno anche i miei genitori, perché glielo dico sempre appena arriviamo. Anche oggi. La mamma mi ha fulminato, mentre prendeva la mia valigia dal bagagliaio. Illuminata da un lampo, ha detto che questo vento ci agita tutti, me compresa, e che devo imparare a non lamentarmi sempre. Poi c’è stato un tuono e abbiamo alzato la testa verso il cielo. Ci siamo messi a correre verso la porta di casa, perché cominciava a piovere. Siamo entrati che eravamo zuppi d’acqua, ma nessuno si è lamentato e a me non sono spuntate le pinne neppure questa volta forse solo perchè la pioggia non è mare. Il mare non cade dal cielo.

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