Stiamo camminando in gruppo, su un sentiero che attraversa un bosco, ed è mattina. I nostri passi affondano sul percorso tracciato, la terra è fine e gialla come sabbia, gli alberi sono alti e dalla chioma rada. La luce passa tra le foglie e cade sulla nostra strada in piccole medaglie dorate, come se qualcuno avesse perso un tesoro, ed è proprio un tesoro che stiamo cercando. Io e i miei compagni abbiamo origini diverse, veniamo da luoghi distanti tra loro molte miglia, ma le nostre famiglie sono tutte povere, tra di noi, non c’è nessun principe e ci comanda un guerriero che ha deposto le armi. Ci chiamano i Sognatori. Ci siamo incontrati per strada, nelle bettole o vicino ai corsi d’acqua, eravamo tutti in cammino con la stessa meta; abbiamo deciso di unirci per non farci la guerra l’un l’altro, o forse non è stata la nostra volontà a farci proseguire insieme e ha scelto il destino. Abbiamo smesso di contare le nostre teste, in ogni paese che abbiamo passato c’è stato qualcuno che ha scelto di seguirci. Tutti abbiamo avuto occasione di ascoltare la stessa leggenda, da bocche diverse, gli ultimi che si sono aggiunti l’hanno ascoltata dalle nostre stesse lingue. Ognuno di noi è partito con la speranza di trovare la verità, forse più che la ricchezza. 
Nel gruppo ci sono delle regole da rispettare, nessuno di noi è armato, ciascuno di noi ha solo un coltello che usa per il cibo e per farsi strada nella vegetazione. Non possiamo cacciare, ci nutriamo di misericordia e di doni della natura. La leggenda narra di una valle che custodisce un tesoro di cui non si conosce la consistenza, ma di cui è certa la meraviglia. Chi è partito da solo in cerca della valle non è mai tornato indietro, soltanto un cavallo scosso, una sera, ha fatto ritorno alla sua dimora dopo più di cento giorni da quando era partito cavalcato dal suo padrone. Il cavallo, al ritorno, aveva una farfalla dalle ali d’argento impigliata nella sua criniera, che a guardarla da vicino portava sul corpo una piccola pinna azzurra. Questa storia ci è stata raccontata in un villaggio distante quasi cinquanta giorni da dove ci troviamo adesso. La valle dovrebbe essere vicina. La vegetazione qua intorno è cambiata, gli alberi sono meno alti e più fitti di foglie, i rami si stendono e si annodano da un lato all’altro del sentiero, sembra di attraversare una grotta, non c’è più luce e potrebbe essere qualsiasi ora del giorno. A un tratto, quelle che sembrano foglie si staccano in volo dai rami, sono corvi dalle piume del colore della lava spenta, che stridono e volteggiano sulle nostre teste, scendendo in picchiata. Sono così tanti che i rami ne restano sempre pieni, hanno occhi ciechi, ma ci trovano lo stesso, anche se stiamo fermi. Talvolta, la cecità dei colori riesce a trovare le ombre. Avanziamo, scacciandoli a mani nude, poi lo stridio si fa più forte e ci accorgiamo che qualcuno nel gruppo, che era rimasto indietro, sta usando una fionda. È l’ultimo dei Sognatori, si è unito a noi da trenta giorni. I corvi che erano sui rami ora si gettano in soccorso dei loro fratelli, lasciamo indietro lui e la sua infidia, sotto la loro punizione, senza necessità di altro giudizio. Forse non è mai stato uno di noi. I rami degli alberi, ora liberi dai corvi, scoprono la luce. Davanti a noi la strada fa una grande curva che abbraccia tutta una valle. Sotto, la vegetazione ha un colore tenue, un verde chiaro che sembra quasi un paesaggio marino venuto allo scoperto, il dono di un antico mare che si è ritirato e ha lasciato a vista i suoi tesori di rocce turchine, alghe morbide si muovono nella brezza così come facevano sott’acqua nei movimenti della corrente. Piccole farfalle d’argento volano su tutta la valle, come branchi di piccoli pesci che hanno messo le ali. Ci accorgiamo che è l’alba di un nuovo giorno, anche se il percorso del sole nel cielo segna il primo pomeriggio. Siamo stupiti ed euforici, la nostra scoperta è un dono che il destino ci ha messo sulla strada, forse senza che nessuno di noi lo meritasse. Una farfalla mi vola intorno, sembra avermi scelto per suo compagno, mi segue ovunque vada. Quando mi siedo per trovare riposo alle gambe, mi riempio gli occhi della sua meraviglia. Lei si appoggia sulla mia mano, tra le ali leggere, ha una minuscola pinna azzurra, come il ricordo di un’onda. Anche solo a guardarla mi sento felice.

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