Oggi è il primo giorno di primavera, ma nessuno se n’è accorto. Piove da settimane, le ore di sole si contano sulle dita di due mani. Le ore di pioggia nessuno ha voglia di contarle. Ci sono larghe pozzanghere per strada, piccoli specchi sui marciapiedi. La città si riflette in un mondo ribaltato che ogni tanto schizza fuori in una goccia. Mi muovo a piedi e con i mezzi pubblici, sempre la stessa strada, questo è un percorso che devo fare. Come Mary Jane, ogni mattina, nella direzione opposta. Ci incontriamo sempre nello stesso punto, al semaforo davanti alla biblioteca, attraversiamo insieme, poi ci separiamo di nuovo dandoci le spalle. Stamani davanti a me ci sono due bambine che si tengono per mano. Sprofondano nelle fauci dei giubbotti, tra denti delle cerniere che le stringono alla gola. Sepolte da un terremoto di zaini grossi come montagne cozzano gli ombrelli, mentre le gocce di pioggia si uniscono dalle stecche. Anche Mary Jane ed io siamo state compagne di scuola, alle elementari, ma non credo che mi riconosca. Io di lei, invece, mi ricordo bene. Da bambina teneva i capelli color rosso scuro raccolti in una treccia e profumava di cassetti pieni di sogni. Ha ancora i capelli lunghi, ma li tiene sempre sciolti sulle spalle, fermati sulle tempie da due mollette colorate. Gli occhi di Mary Jane hanno sempre parlato al suo posto, raccontando la sua storia al vento. Aveva guance di gomma che si allargavano con il sorriso e quando doveva mostrare del disappunto tirava sempre fuori la lingua, come fosse la testa di una tartaruga rosa, curiosa di esplorare il mondo. Sorride ancora allo stesso modo. Quando giocava con noi finiva sempre che giocava da sola, perché le bambole volavano nelle sue mani come se la scegliessero, ci sembrava quasi che le buttassero le braccia al collo. Ci rincorrevamo nel cortile della scuola e lei d’un tratto si fermava, alzava il naso verso le nuvole mentre noi continuavamo a girarle intorno. Per lei forse eravamo solo mosche che giocano tra sé, senza ronzio. Per noi forse lei non era proprio una di noi, era una bambina di un mondo lontano. Chissà se tocca ancora le nuvole con la punta del naso. Chissà se di notte vola dai suoi cassetti, cavalcando un sogno in un viaggio tra le stelle. I capelli rossi le fanno da manto quando i suoi pensieri la incoronano come una principessa del cielo. Chi può conoscere i pensieri di Mary Jane? Quando torna su questa stessa strada dov’è stata?
Ieri stava masticando un chewing gum quando è arrivata al semaforo, tra le labbra le è spuntato un palloncino rosa, come una vecchia tartaruga curiosa, l’ha fatto crescere e poi l’ha finito tra i denti con uno schianto. È il primo suono che abbia mai sentito uscire dalla sua bocca. Mi sono chiesta spesso se ci fosse qualcuno a sapere quali sono i suoi pensieri, è il mio ritornello per la sua canzone. Vorrei sapere anche solo una delle cose che le passano per la testa. Oggi l’ho vista parlare con le mani, con il linguaggio dei segni, la ragazza che era con lei ha riso, con un suono da pesce. L’avevo sempre incontrata da sola. Credo che l’amica di Mary Jane i suoi pensieri li conosca , ma non potrebbe mai raccontarmeli. Lei è amica di Mary Jane e io non so accarezzare le parole nell’aria.

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